COMUNICATO STAMPA

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30/07/2006

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia esprime viva soddisfazione per il varo del provvedimento d’indulto approvato dal Parlamento a vasta maggioranza. E’ un atto di clemenza e di giustizia condiviso da tutti coloro che responsabilmente riconoscono lo stato di palese violazione dell’art. 27 della Costituzione Italiana in cui versa il sistema penitenziario, a causa del sovraffollamento e della incapacità di attuare programmi di rieducazione e reinserimento sociale dei
condannati.
Come da sempre avversiamo il “giustizialismo”, con altrettanta determinazione rifiutiamo il “perdonismo” come metodo, perché vogliamo una giustizia penale riformata, che non deleghi più al carcere la funzione di contenere il disagio e l’esclusione sociale, ma che sappia prevedere percorsi alternativi, nel rispetto della legalità e della sicurezza, per coloro – e sono i più - che commettono reati minori connessi allo stato di povertà, alla condizione di tossicodipendenza, alla sussistenza di patologie, alla violazione di norme sull’immigrazione.
L’indulto oggi concesso ad una larga fascia di detenuti – seppure con le esclusioni discutibili per la
natura stessa del provvedimento - giunge dopo sedici lunghi anni di attese vane in cui si è vista solo
crescere la pressione nelle carceri, sia per i detenuti che per chi vi lavora, senza che i governi che si sono succeduti abbiano voluto seriamente affrontare la questione.
Chiuso momentaneamente l’indecoroso teatrino dei giorni scorsi – un fritto misto di demagogia, disinformazione, manipolazione e allarmismo ingiustificato – resta sospeso il provvedimento di amnistia, che è invece necessario almeno per quella serie di reati minori commessi fino al 2 maggio 2006, i cui processi devono ancora essere celebrati e i cui effetti saranno comunque annullati dall’indulto.
La rete del volontariato penitenziario, in gran parte rappresentata da questa Conferenza è pronta a fare da ponte tra le molte migliaia di reclusi che presto usciranno e la comunità esterna, anche se sarebbe stato preferibile concordare per tempo azioni di sostegno e accompagnamento d’intesa con le Istituzioni centrali e periferiche. Insieme alle comunità d’accoglienza, ai sindacati, alla rete della cooperazione sociale ci eravamo proposti sin dal 2000 per lanciare un piccolo “Piano Marshall per le carceri”, destinato appunto ad attutire il duro impatto con la realtà esterna di chi esce senza avere una casa, un lavoro, né alcun riferimento sul territorio. Ora auspichiamo che, senza porre altro tempo in mezzo, il Ministro della Giustizia e il Ministro della Solidarietà Sociale si decidano ad ascoltare tutti coloro che hanno parte in causa e che possono concretamente contribuire alla
formulazione ed attuazione di politiche sociali atte a limitare i danni della recidiva e a prevenire devianza e criminalità.
 

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