COMUNICATO STAMPA

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27/05/2008

Sdegno per il pacchetto sicurezza: "chiavi in mano" ai secondini della politica

Roma, 27.5.2008 – Voci pesanti, difficili da ignorare, si levano a dar forza allo sterminato coro di protesta del mondo dell’associazionismo e del volontariato, allo sdegno di tanti cittadini che si sentono essi stessi ricoperti di vergogna per certe norme contenute nel cosiddetto “pacchetto sicurezza”.
La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, organismo che raccoglie le associazioni di volontariato che operano nelle carceri e nella giustizia, non può che associarsi allo sdegno sollevato dall’introduzione per decreto del reato d’immigrazione clandestina.
La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia è in totale disaccordo con questa politica e chiede che le problematiche sociali siano affrontate in modo serio, con il coinvolgimento delle parti sociali e del volontariato, senza inutili e spettacolari azioni di forza, generatrici di violenza su persone che dalla violenza fuggono e si trovano invece respinti, discriminati ed anche imprigionati.
La sicurezza e la giustizia hanno bisogno del riconoscimento dell’altro ad esistere e vivere in modo dignitoso, ma non si può trasformare in reato ciò che è una condizione esistenziale non voluta.
In carcere ci vadano solo i delinquenti pericolosi, siano essi italiani o stranieri. Non vogliamo più carceri, non vogliamo più CPT, ma un diverso concetto di pena che metta in sicurezza la società, nel momento in cui esercita il controllo su chi si è reso responsabile di crimini, offrendogli concrete possibilità di cambiamento. Questa ci pare l’unica via praticabile per la sicurezza, per la soluzione dei conflitti e per la pace sociale.
Non è con le norme del “pacchetto sicurezza” che si affrontano i problemi legati all’immigrazione, non è criminalizzando lo straniero, spargendo la cultura dell’odio e della paura che si realizza la sicurezza dei cittadini; al contrario si genera una spirale violenta di razzismo e intolleranza dagli effetti disastrosi. Non c’è risultato delle urne che possa moralmente legittimare un governo a sospendere la ragione e il diritto degli stranieri, soprattutto quando ciò è la negazione del senso di umanità verso una moltitudine di migranti, la quasi totalità dei quali fugge da condizioni di vita disumane nell’illusione di trovare nell’accogliente Italia possibilità di una sopravvivenza dignitosa.
Non si può colpevolmente sfruttare questi disperati, come forza lavoro a basso costo in barba alle leggi dello stato, o peggio facendoli vivere in condizioni vergognose e senza diritti, non voler vedere situazioni diffuse di riduzione in stato di schiavitù, ma al contrario enfatizzare la componente criminale che pur si annida fra milioni di stranieri per avallare atti repressivi di eccezionale gravità, destinati ad abbattersi su una moltitudine di povera gente lasciando indenni i veri delinquenti.
Ancora una volta l’Italia è spaccata in due, incapace di liberarsi dagli spettri del passato, di trarre insegnamento dalle tragiche lezioni della storia recente a quarant’anni dalle leggi razziali del 16 ottobre 1938.
E’ imbarazzante, di fronte alla comunità internazionale, andare fieri oggi della nostra democrazia. Alex Zanotelli (Liberazione, 24 maggio), raccontando i mille drammi dimenticati di un mondo ingiusto, dove lo sfruttamento e la mercificazione dei miserabili sono la regola, sintetizza questo disagio affermando: “Mi vergogno di essere italiano”. Gli fa eco Luigi Ciotti con una lettera aperta “Io chiedo scusa”, condannando lo sgombero dei campi Rom e le violenze che lo hanno preceduto. Ci associamo al loro pensiero e confidiamo in quell’Italia accogliente e tollerante, che percorre la via del sostegno e dell’integrazione, che si riconosce nel mondo della solidarietà e del volontariato.
 

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