COMUNICATO STAMPA

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10/01/2011

La punizione del volontariato

Qualche giorno fa è stata comunicata alla CNVG la sospensione di alcune volontarie operanti nel carcere di Ancona. Evento non inconsueto, dato che lo scorso anno si erano verificati vari casi di sospensione di volontari a Verona, Genova, ed altri luoghi. Volontari intelligenti, di lungo corso ed esperienza, capaci di affiancare alla mera (seppur necessaria) assistenza materiale ai detenuti una abilità creativa e progettuale in grado migliorare la vita della detenzione e di agire sul piano sociale per rendere visibili alla cittadinanza i problemi del carcere attraverso iniziative pubbliche, conferenze stampa, incontri con la cittadinanza.
Siamo in attesa delle motivazioni che l’Amministrazione Penitenziaria espliciterà. Si auspica. Perché succede che le sospensioni avvengano anche senza alcuna motivazione scritta. Così, da un giorno all’altro, arriva il benservito. Si sceglie di procedere per la via più arbitraria attraverso la negazione del dialogo, del confronto, senza alcuna considerazione dei diritti di pari dignità sanciti dai Protocolli di Intesa stipulati con il DAP ed il Ministero della Giustizia, evidentemente carta straccia, in similitudine ai diritti dei detenuti che, in una campagna della Caritas di alcuni anni fa, venivano raffigurati con un rotolo di carta igienica; bene materiale, peraltro, nemmeno attualmente a disposizione nelle patrie galere. Un carcere quindi che per anni beneficia del’apporto gratuito e disinteressato del Volontariato e che improvvisamente lo mette alla porta senza nemmeno fornire alcuna spiegazione, in una logica di potere del più forte. Si è scelta la strada della semplificazione, della decisione dall’alto, congruentemente con uno stile ormai consolidato di processi decisionali che contraddistingue ormai molte delle nostre istituzioni. L’istituzione che invece che cercare il dialogo e il confronto con chi collabora da anni mostra il volto duro, voltando lo sguardo dai visi concreti di quelle persone che, per anni, con passione umana e coerenza, hanno reso un carcere più umano, forse perché era uno sguardo troppo imbarazzante da sostenere. Ma chi si punisce realmente in questo modo? Il Volontariato? O una popolazione detenuta ormai allo stremo delle condizioni di vita e della solitudine? O, ancora, il concetto stesso di rapporto democratico tra soggetti sociali?
Vale la pena di riportare alcune parole del Presidente Napolitano formulate in occasione di un convegno nazionale del Volontariato del 2007:
“Grazie al volontariato si promuove, secondo i principi della Costituzione repubblicana, una cittadinanza responsabile e si realizza una forma di partecipazione al bene comune. Anche per questa via può colmarsi il divario tra società civile e politica, recuperando il significato più alto della politica”.
La detenzione è un evento fortemente traumatico. La solitudine, la lontananza e l’impossibilità di avere contatti frequenti con i familiari e volontari sono spesso causa di crolli emotivi e di lacerazioni dei legami. Le relazioni e gli incontri con soggetti esterni al carcere sono così importanti perché rappresentano la possibilità di tenere attivi i propri legami e la propria storia ed hanno funzione di contrastare le conseguenze negative derivanti dalla privazione di contatti. Da sottolineare che lo scorso anno il Volontariato è stato interpellato dall’Amministrazione Penitenziaria, nello specifico dall’Ufficio Detenuti e Trattamento, per la realizzazione di progetti finalizzati alla prevenzione dei suicidi, che ha poi prodotto una circolare diffusa in tutti gli istituti che promuoveva il ruolo del Volontariato come soggetto direttamente coinvolto per il contrasto di tali eventi tragici, chiedendo di incrementarne la presenza in tutti gli istituti, in particolare quelli più colpiti dal sovraffollamento. Siamo quindi alla schizofrenia, all’istituzione che contraddice se stessa.
Se quindi, come sopra definito, la scelta dichiarata dall’Amministrazione Penitenziaria è quella di implementare l’attività del Volontariato, la prassi conseguentemente immaginata per affrontare l’evento avrebbe dovuto essere quella di creare un momento interlocutorio con gli interessati per motivare le ragioni del problema (ammesso che un problema si sia realmente verificato) intercorso tra enti e suggerire le modalità del suo superamento, invece che sospendere i volontari. Dato che così non è stato, si aprono quindi alcuni interrogativi e considerazioni. Forse si sta cercando di dare risposta al sovraffollamento delle carceri non tanto riducendo il numero dei detenuti, ma quello del Volontariato: magari è questo il nuovo corso. Lo stesso Ministro della Giustizia, più volte sollecitato, non ha mai accettato di incontrare il Volontariato. Nei mesi scorsi come CNVG abbiamo proclamato un appello per una mobilitazione che realizzi strategie e forme di pacifica manifestazione fino all’autosospensione dal servizio da porre in atto per sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare il Governo e le istituzioni preposte a trovare le adeguate soluzioni al problema delle carceri: forse l’Amministrazione Penitenziaria ha ritenuto di darci una mano, aiutandoci con l’eterosospensione. Ma non di tutto il Volontariato: probabilmente di quello scomodo, non afasico, che si adopera perchè si affermi una coscienza sociale rispetto al dramma penitenziario che non trova sufficiente attenzione dalla maggior parte della politica e della società, ormai quasi impermeabile verso una delle piu' drammatiche questioni sociali del Paese, quel Volontariato che pone in risalto la necessità di denunciare continuamente il pericolo di sottacere la “normalità” degli atti di esclusione, dei processi con cui si valorizza o si disinveste la ragione.
Stiamo evidentemente assistendo ad uno scollamento nei rapporti tra Volontariato ed Amministrazione Penitenziaria. Riteniamo che questa scissione tra le parti non porti beneficio a nessuno. C’è stato un momento in cui le strade sembravano poter avere obiettivi e programmi comuni, pur nelle reciproche differenze: questa fase ha dato origine a progetti, ai protocolli, a percorsi congiunti. Questa stagione sembra lontana, e l’assenza di dialogo pare dominare l’Amministrazione Penitenziaria nel rapporto con il Volontariato, poiché, al di là di momenti formali, o di poche isole felici, o di incontri ai convegni, è la sostanza del rapporto collaborativo che sembra essere intaccata. Chiediamo quindi, urgentemente, un confronto serio sullo stato dei rapporti tra Volontariato e Amministrazione Penitenziaria. Sappiamo di giocare su piani differenti, che non sempre esiste coincidenza tra le nostre idee e quelle dell’Amministrazione Penitenziaria, della politica, dei cittadini o della magistratura; ma questo pensare diversamente non dovrebbe impedire l’incontro, perché più si amplia la gamma delle differenze che concorrono al perseguimento dello stesso obiettivo più diventa difficile per chiunque sottrarsi alle sedi di consultazione e confronto tra le parti in causa. Da parte nostra, le azioni di mobilitazione e sensibilizzazione sui temi del carcere proseguiranno: ancora e sempre, a difesa dei diritti costituzionali dei detenuti. Perché, come ha sostenuto Martin Luther King “Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano”.
 

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